lunedì 11 ottobre 2010

Chiediamo

Chiediamo alle nostre gioie di ieri e ai nostri dolori dell'altroieri di riempire il vuoto in cui ci troviamo. Sogniamo di ricucire ciò che il tempo ha strappato. Tra il ricordo e l'oblio allestiamo la fiera delle nostre ricorrenze. Chiamiamo all'appello i giorni scomparsi. Li tiriamo fuori dai loro limbi. Per ventiquattr'ore li festeggiamo. Essi fanno una scappata e poi se ne tornano nelle loro residenze d'ombra.
La funzione prima dell'anniversario è quella di rifornirci di buon tempo antico. Ci placa la fame di nostalgia e di infanzia.
«La neve profuma di mele, come un tempo», diceva Mandel'stam. La celebrazione di ciò che è stato ci offre un'occasione per le lacrime, il rimpianto o la commozione. Stanchi di vivere senza tracce e senza ricordi, non accettiamo che la morte sia morta. Scoperchiamo le tombe. Disseppelliamo le stagioni passate. L'anniversario ci rassicura. Testimonia che i giorni trascorsi si aggirano sempre nei paraggi. Hanno solo perso i sensi. Il tempo riposa, come una bella addormentata nel bosco nella sua bara di cristallo, ed è capace, se lo si lusinga e lo si accarezza, di risvegliarsi.

(Gilles Lapouge, L'inchiostro del viaggiatore)

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